Dove sta il valore di una vita? Quando possiamo dire che un’esistenza è buona e utile, ha senso ed è importante? Sono domande che ci poniamo tutti, prima o poi. Le risposte che siamo capaci di darci spesso sono frutto di bilanci esistenziali e valutazioni ragionieristiche che se applicate a noi stessi generano sconforto e se applicate agli altri facilmente diventano disistima e disprezzo. Il rischio opposto è di incensare noi stessi o gli altri sulla base di risultati ritenuti importanti o di presunti successi.
Ancora una volta la parola di Dio ci spiazza, ponendoci davanti ad un modo di vedere la vita diverso e alternativo a quello degli uomini. È lo sguardo di Dio, che non è il nostro come ammonisce la prima lettura della messa di questa domenica tratta dal profeta Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie».
La parabola degli operai dell’undicesima ora rincara la dose. Il Signore ripaga allo stesso modo gli operai che hanno lavorato tutto il giorno e quelli che, chiamati a fine giornata (probabilmente perché nessuno pensava che valesse la pena chiamarli prima), hanno faticato solo un’ora. Ingiustizia agli occhi degli uomini, buona notizia agli occhi di Dio. Non siamo quello che produciamo, non valiamo in proporzione ai risultati e ai successi che riusciamo a vantare. Il valore della nostra vita è nel rispondere alla chiamata di Dio che ci chiama ad essere suoi amici e che non vuole innanzitutto le nostre buone opere, ma vuole noi stessi, il nostro cuore. A noi spetta ascoltare e seguire la sua voce, secondo la strada che lui indica a ciascuno. Don Davide