Benedizione degli animali

«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Così papa Paolo VI – oggi santo – parlava al “Consilium de Laicis” il 2 ottobre 1974. Nel libro «Aiò a Cresia!» Mario Girau individua 18 personaggi – ma un’indagine regionale potrebbe evidenziarne molti altri – che in Sardegna, per riconoscimento unanime, hanno vissuto queste due dimensioni. Vescovi, sacerdoti (diocesani e religiosi) e suore che hanno camminato a fianco delle persone, guidato le comunità loro affidate, parrocchie, oratori, anche diocesi, sempre in punta di piedi; hanno evangelizzato con l’esempio gli ambienti in cui sono stati inviati dai superiori. Formano la maggioranza silenziosa nella prima linea della Chiesa insieme con i laici che incarnano i valori cristiani nella loro vita quotidiana. Nessuno di questi “campioni”, santi della porta accanto, ha raggiunto la gloria degli altari, neppure il grado di “venerabile”. Tutto quello che hanno fatto aveva un solo obiettivo: salvare le anime e, spesso, anche il corpo, soprattutto dei poveri.

Presentazione del libro “AIO’ A CRESIA”

«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Così papa Paolo VI – oggi santo – parlava al “Consilium de Laicis” il 2 ottobre 1974. Nel libro «Aiò a Cresia!» Mario Girau individua 18 personaggi – ma un’indagine regionale potrebbe evidenziarne molti altri – che in Sardegna, per riconoscimento unanime, hanno vissuto queste due dimensioni. Vescovi, sacerdoti (diocesani e religiosi) e suore che hanno camminato a fianco delle persone, guidato le comunità loro affidate, parrocchie, oratori, anche diocesi, sempre in punta di piedi; hanno evangelizzato con l’esempio gli ambienti in cui sono stati inviati dai superiori. Formano la maggioranza silenziosa nella prima linea della Chiesa insieme con i laici che incarnano i valori cristiani nella loro vita quotidiana. Nessuno di questi “campioni”, santi della porta accanto, ha raggiunto la gloria degli altari, neppure il grado di “venerabile”. Tutto quello che hanno fatto aveva un solo obiettivo: salvare le anime e, spesso, anche il corpo, soprattutto dei poveri.

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 15 GENNAIO 2023

A un certo punto del libro dell’Apocalisse troviamo uno dei versetti più belli di tutta la Bibbia: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Gesù è il Salvatore perché entra nel nostro mondo, nelle cose solite, nelle circostanze della vita e della storia e le rinnova con la sua presenza. Gesù è infatti l’uomo nuovo, «l’ultimo Adamo» (1Cor 15,45), colui che ci sta sempre davanti e attira a sé tutto il genere umano e tutto il creato.
Questa domenica la liturgia ci propone un brano in cui la novità di Cristo è messa in evidenza attraverso il confronto con Giovanni Battista. Giovanni, “il più grande dei nati di donna”, rappresenta ancora il mondo vecchio. Il suo è un battesimo “con acqua”, un battesimo di penitenza, basato sull’idea che l’uomo è peccatore e deve cambiare vita se non vuole che l’ira di Dio si abbatta su di lui. È una logica per certi versi giusta. Gesù stesso ha detto di non essere venuto ad abolire la legge e guai a sottovalutare i precetti di Dio. Ma è anche vero che la legge non salva nessuno, come San Paolo non si è stancato di dire.
Cristo invece salva, perché non abolisce la legge ma va oltre la legge. Egli è «colui che toglie il peccato del mondo», come dice Giovanni Battista, cioè è più grande di tutto il male che c’è nel mondo, il male che l’essere umano riesce a fare. Gesù porta una misericordia e un perdono capaci di rinnovare e ricreare, salvare tutti gli esseri umani perduti, sconfitti dalla storia e dalla vita, prigionieri del male proprio o altrui. Egli non battezza con acqua ma «in Spirito Santo», perché ci immerge nella vita stessa di Dio, cioè nell’amore che salva.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 8 GENNAIO 2023

Nel libro del profeta Isaia ad un certo punto compaiono alcuni canti che raccontano di un personaggio misterioso (il profeta non ci dice infatti a chi si riferisce), un servo di Dio destinato a portare nel mondo luce e salvezza. Nella domenica dedicata al battesimo di Gesù nel Giordano la liturgia ci propone il primo di questi canti, in cui viene detto che questo servo ha una missione universale, è chiamato a portare la giustizia al mondo intero, a liberare chi si trova in schiavitù, a guarire i ciechi, a salvare coloro che vivono nelle tenebre.
La Chiesa ha sempre riferito questi brani, scritti più di cinquecento anni prima di Cristo, alla missione salvifica e universale di Gesù. L’episodio del battesimo racconta l’inizio di questa missione: Gesù passa dall’essere un anonimo israelita originario di un villaggio da nulla di una regione marginale della Palestina a personaggio pubblico di primo piano, irresistibile e controverso, amato e odiato come nessun altro prima di lui. Il battesimo è un inizio in cui c’è già il marchio inequivocabile della sua volontà di salvezza universale: Gesù si mette in fila con i peccatori, con quelli che chiedevano a Giovanni Battista un battesimo di penitenza perché sentivano tutto il loro bisogno di cambiare vita e di essere salvati. Gesù si fa solidale con loro, e così facendo mostra di mettersi accanto ai peccatori di tutti i tempi.
Con questo gesto Gesù si mette “dalla nostra parte”, si fa compagno di strada e di vita di tutti gli esseri umani di tutti i tempi che cercano una redenzione, un senso al loro cammino umano. Con il battesimo Gesù inizia la sua vita pubblica, la sua missione che continua fino alla fine dei tempi.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 31 DICEMBRE 2022

Un anno è davvero lungo e a tutti capita di stupirci quando pensiamo a quante cose sono successe in questo arco di tempo: avvenimenti belli e brutti, nuovi incontri e amicizie, perdite importanti, fatti che mai avremmo pensato potessero riguardarci. L’inizio di un nuovo anno è fatto di speranza e di timore, ecco perché ci viene spontaneo farci reciprocamente gli auguri.
Anche la Chiesa ci augura un “buon anno”, ma lo fa a modo suo. Lo fa ricordandoci perché, nonostante tutto, possiamo guardare con fiducia il futuro.
La prima lettura di questa domenica, tratta dal libro dei Numeri, ci dice che Dio benedice le nostre vite, cioè “dice bene” di noi: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace». Spesso tendiamo a disprezzarci, a pensare che non valiamo, che siamo inutili e sbagliati. Dio ci guarda in un altro modo e vede in ciascuno di noi qualcosa di prezioso e di bello. Vede nelle nostre vite incompiute e sconclusionate delle storie piene di grazia. Una grazia che dobbiamo imparare a riconoscere tra le pieghe oscure di cui le nostre esistenze spesso sono fatte.
Nella seconda lettura San Paolo ci ricorda dove si radica questa benedizione di Dio: c’è in noi qualcosa di più profondo del nostro male e delle nostre sconfitte, qualcosa che più di tutto il resto definisce le nostre identità: il fatto di essere figli. Possiamo chiamare Dio “Padre”, anzi “Abbà” (papà, babbo).
Impariamo, come ha fatto Maria, a custodire queste cose nel nostro cuore, per farle diventare forma della nostra vita, sguardo sul mondo e su tutto ciò che accade. Solo così il 2023 sarà davvero un buon anno.
Don Davide