COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 12 NOVEMBRE 2023

Sarebbe interessante interrogarci su quali siano le verità di fede che noi cristiani stiamo mettendo da parte. Una è certamente la venuta di Cristo alla fine dei tempi, quella che chiamiamo parusia. È una verità ampiamente richiamata dalla Scrittura e dalla liturgia, eppure sembra non avere alcuna centralità nella predicazione, nella catechesi, nei dialoghi tra di noi. Ciò contribuisce a farci vivere una fede ripiegata sulle urgenze del presente, senza più il senso della salvezza della storia, senza l’attesa di un compimento futuro, senza che abbiamo il cuore teso alla venuta definitiva di Cristo. Il tema non è facile da trattare, ma metterlo da parte significa mutilare la nostra fede.
Il vangelo di questa domenica ci mette in guardia su questo. La parabola fa riferimento ai costumi del tempo, secondo cui era previsto che lo sposo si recasse la notte a casa della sposa, sposa che era affiancata da damigelle con il compito di illuminare la strada allo sposo che arrivava. Gesù ci chiede di avere un cuore pieno di attesa. Questo è il significato delle lampade e dell’olio per tenerle accese. Vivere l’attesa del Signore cambia l’orizzonte delle nostre giornate e immette nel presente una drammaticità e una speranza che permettono di non disperarsi di fronte a una realtà che va molto diversamente da come dovrebbe andare. Il Signore verrà, e verrà per salvare. Il fatto che nella parabola Cristo venga presentato come lo sposo indica questa volontà di comunione e di redenzione che riguarda tutto e tutti. La nostra storia individuale e quella dell’umanità intera vanno verso quel momento.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 15 OTTOBRE 2023

Il cristianesimo è l’unica religione che parla di una chiamata universale alla salvezza. Non solo per alcuni eletti, neanche solo per i buoni. Tutti sono chiamati, “buoni e cattivi”, gente per bene e peccatori.
A questo proposito la Bibbia usa delle immagini. La prima lettura ci parla di un banchetto, offerto gratuitamente. L’immagine è importante anche perché evoca l’idea di una salvezza collettiva. Non è una cena “a due”, è un banchetto, una festa: siamo destinati a entrare in comunione con tutto e con tutti. La Chiesa è il segno e lo strumento di questa comunione.
Nel vangelo Gesù riprende l’immagine del banchetto. Questa volta si tratta di una festa di nozze. Gli invitati però non vogliono partecipare. Hanno cose più importanti a cui pensare (il campo, gli affari…). Sono uomini impegnati, realisti, coi piedi per terra, non hanno tempo da perdere. Preso atto del rifiuto il re manda i suoi servi ai “crocicchi” delle strade, in quei luoghi in cui terminano le strade e cominciano i sentieri. Li manda fuori dalla città ad invitare le persone più lontane dal re. Il vangelo dice che vengono chiamati “cattivi e buoni”.
Dio offre la sua amicizia a tutti. Non c’è nessuno che possa dire: «Dio non vuole o non può essere mio amico, sono troppo cattivo, troppo “sbagliato” per essere suo amico». Quante volte ci siamo sentiti dire che l’amicizia con Dio è qualcosa che ci dobbiamo meritare, che Dio ci ama solo se ci comportiamo in modo degno di lui. Invece il vangelo dice che Dio offre la sua salvezza davvero a tutti. Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 17 SETTEMBRE 2023

Il perdono di chi ci ha fatto del male è ciò che ci rende simili a Dio. Per contro, senza un’apertura all’insegnamento di Gesù sul perdono qualunque progresso spirituale o morale è illusorio.
Lo insegna il vangelo di questa domenica in cui Gesù racconta una storia per far comprendere cosa sia il perdono e su cosa si fondi. È la parabola del servo malvagio che, dopo essersi visto condonare un debito enorme, si rifiuta a sua volta di rimettere il debito a un suo pari che gli deve una cifra al confronto irrisoria.
La parabola mostra che il perdono manda all’aria l’idea umana di giustizia. La nostra giustizia si può infatti riassumere nella formula “unicuique suum tribuere” (che, non per niente, campeggia sopra l’ingresso della facoltà di Giurisprudenza), cioè nel “dare a ciascuno il suo”. Ognuno deve avere ciò che merita, nel bene e nel male. Il mondo va, o dovrebbe, andare avanti così. La giustizia di Dio è però un’altra cosa, non è contro la legge ma va oltre la legge. Dio rimette i nostri debiti al di là di ogni ragionevole misura.
Ognuno di noi sa quanto questo possa risultare affascinante quando lo consideriamo in astratto, ma terribilmente difficile quando abbiamo subìto dei torti, più o meno gravi, che ci hanno davvero ferito. Perciò non ci sono ricette da applicare. Ogni cammino di riconciliazione è una storia a sé e può assumere forme molto diverse, dalla rinuncia alla vendetta alla rappacificazione, dal riprendere un rapporto affettivo, di fraternità o di amicizia che si era interrotto al provare a pregare per chi ci ha fatto del male perché magari non riusciamo a fare altro. L’essenziale è che ascoltando questa pagina del vangelo chiediamo a Dio di farci andare oltre i nostri blocchi interiori e le nostre misure, aprendoci il cuore ad un cambiamento reale. È essenziale per entrare nel regno di Dio, cioè nella vita nuova che Cristo sta realizzando anche oggi nel mondo. Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 24 SETTEMBRE 2023

Dove sta il valore di una vita? Quando possiamo dire che un’esistenza è buona e utile, ha senso ed è importante? Sono domande che ci poniamo tutti, prima o poi. Le risposte che siamo capaci di darci spesso sono frutto di bilanci esistenziali e valutazioni ragionieristiche che se applicate a noi stessi generano sconforto e se applicate agli altri facilmente diventano disistima e disprezzo. Il rischio opposto è di incensare noi stessi o gli altri sulla base di risultati ritenuti importanti o di presunti successi.
Ancora una volta la parola di Dio ci spiazza, ponendoci davanti ad un modo di vedere la vita diverso e alternativo a quello degli uomini. È lo sguardo di Dio, che non è il nostro come ammonisce la prima lettura della messa di questa domenica tratta dal profeta Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie».
La parabola degli operai dell’undicesima ora rincara la dose. Il Signore ripaga allo stesso modo gli operai che hanno lavorato tutto il giorno e quelli che, chiamati a fine giornata (probabilmente perché nessuno pensava che valesse la pena chiamarli prima), hanno faticato solo un’ora. Ingiustizia agli occhi degli uomini, buona notizia agli occhi di Dio. Non siamo quello che produciamo, non valiamo in proporzione ai risultati e ai successi che riusciamo a vantare. Il valore della nostra vita è nel rispondere alla chiamata di Dio che ci chiama ad essere suoi amici e che non vuole innanzitutto le nostre buone opere, ma vuole noi stessi, il nostro cuore. A noi spetta ascoltare e seguire la sua voce, secondo la strada che lui indica a ciascuno. Don Davide

Commento al Vangelo di domenica 1 ottobre 2023

Il vangelo di questa domenica sembra proporre un insegnamento di facile comprensione. Gesù racconta di due fratelli a cui il padre chiede di andare a lavorare nella vigna. Vale la pena ricordare che la vigna nell’Antico Testamento rappresenta Israele, il popolo sacerdotale scelto da Dio per compiere la sua opera di salvezza per il mondo. Uno dei due figli oppone immediatamente una tipica risposta da figlio adolescente: “Non ne ho voglia”. Poi però, pentitosi, va a lavorare nella vigna. L’altro invece dà una risposta da suddito più che da figlio: “Sì, signore”, ma invece non ci va. La conclusione è che solo il primo ha fatto la volontà del padre. La morale sembrerebbe semplice: bisogna fare la volontà di Dio con i fatti e non solo a parole. Il che naturalmente è molto vero.
Il resto del brano però sembra dire qualcosa che ad una lettura distratta può sfuggire. Chi è questo figlio che prima oppone un rifiuto e poi va nella vigna a lavorare? Gesù dice che sono per esempio i pubblicani (gli esattori delle tasse al servizio dei romani) e le prostitute, che precederanno nel regno dei cieli – cioè entreranno al posto loro – i capi dei sacerdoti e del popolo a cui Gesù sta raccontando la parabola. Il brano dice che costoro passano avanti nel regno dei cieli perché hanno creduto a Giovanni Battista, cioè a colui che annunciava la venuta dell’agnello di Dio “che toglie i peccati del mondo” (Cfr. Gv1,29). Hanno creduto che stavano entrando nel mondo una misericordia e un perdono senza riserve, persino per gente come loro. Chi si sente giusto una grazia così immensa non la potrà mai accogliere.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 8 OTTOBRE 2023

Per la terza domenica di fila nel vangelo si parla di una vigna. L’idea di fondo è una vigna trova la sua ragion d’essere unicamente nel portare frutto. Se non porta frutto non serve a niente. Fuor di metafora, Dio ha scelto un popolo per essere strumento di salvezza per il mondo intero, ma se questo popolo si chiude in sé stesso e si dà alle opere del male ecco che non serve più a nulla.
Nel brano della liturgia di questa domenica Gesù racconta una parabola che ci presenta una situazione inverosimile. Si parla di un padrone che, nonostante abbia appurato la malvagità dei contadini continua a sperare in un loro ravvedimento. Finisce per mandare suo figlio, sperando che almeno di fronte a lui abbiano rispetto. Le cose, come sappiamo, vanno diversamente.
È esattamente quello che è successo nella storia della salvezza. Dio invia prima i profeti, molti dei quali vengono perseguitati, e infine manda il suo stesso Figlio che viene preso, cacciato “fuori dalla vigna” e ucciso. Il finale del brano è che a questi vignaiuoli malvagi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.
La parabola parla ai cristiani di tutti i tempi. Dio ci ha chiamati perché portiamo frutti di salvezza per il mondo intero. Una cattiva educazione cristiana ci ha abituati a pensare il nostro essere cristiani in modo individualistico, come se la fede avesse come fine principalmente la salvezza della propria anima, il raggiungimento di un benessere personale o di una consolazione religiosa.
Questo è il motivo per cui tanta gente intelligente si è allontanata dalla Chiesa: ha visto troppo spesso cristiani individualisti e preoccupati fondamentalmente di sé stessi.
Invece esistiamo in funzione degli altri, siamo scelti perché tutti possano incontrare Gesù Cristo e così fare esperienza di un mondo rinnovato. Don Davide