COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 14 MAGGIO 2023

La liturgia della parola di questa domenica è dominata da due figure: Pietro e Giovanni. Sono nominati nella lettura tratta dagli Atti degli Apostoli e sono gli autori delle altre due letture. Erano due persone comuni, come noi, coi loro pregi e difetti, che a un certo punto hanno fatto un incontro che gli ha cambiato la vita.
Quando scrivono Gesù è morto da anni, eppure ne parlano come di un vivente capace di cambiare il nostro oggi, una presenza per cui dare la vita tutti i giorni.
Questa è una costante di tutti i grandi personaggi della Bibbia: Dio è in assoluto la presenza più importante. Nell’affrontare la vita, i problemi, le speranze, il futuro ecc. hanno viva davanti a loro questa presenza.
Come è stato possibile per loro e come è possibile per noi l’esperienza di una vita nuova data dalla presenza di Dio? Giovanni nel vangelo ci parla di “un altro Paràclito” che il Padre manderà e che rimarrà con noi per sempre. Questo Paràclito è lo Spirito Santo. È lo Spirito che ci fa fare esperienza di Cristo risorto, cioè vivo, presente e operante nella nostra storia e nella storia del mondo. Lo Spirito è la persona più “inafferrabile” della Trinità, quella che facciamo più fatica a immaginarci. Eppure ogni volta che lo Spirito fa la sua comparsa nella Scrittura succedono cose inaudite: la salvezza entra nella vita delle persone in modi originalissimi e imprevedibili. È ciò che continua a capitare oggi nella vita di miliardi di persone.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 7 MAGGIO 2023

«Signore, mostraci il Padre e ci basta». Questa domanda che l’apostolo Filippo fa nel corso dell’ultima cena trova lo stesso Gesù un po’ sorpreso: «Come fai a dire una cosa del genere Filippo? Non hai capito proprio nulla in tutti questi anni in cui hai condiviso la mia vita?». La risposta suona quasi come un rimprovero. Eppure dobbiamo ringraziare questo apostolo perché ci ha dato l’opportunità di udire dalla bocca stessa di Gesù quello che in fondo il vangelo ci mostra a più riprese: chi vede Gesù vede il volto stesso di Dio, vede il Padre.
Anche noi, come Filippo, sentiamo tante volte dentro di noi il desiderio di “vedere” Dio, di potergli parlare faccia a faccia, di poter dialogare con lui e capire un po’ di più questo immenso mistero che è la vita, il mondo, la storia. Soprattutto quando la realtà ci fa male e ci ferisce sentiamo il desiderio di poter vedere il volto stesso Dio e trovare un po’ d luce.
Il vangelo ci dice che dobbiamo fissare lo sguardo su Gesù, sulla sua umanità, sulle sue parole, sul modo che ha avuto di incontrare le persone, soprattutto chi aveva più bisogno della sua misericordia. Lì vediamo davvero chi è Dio e come Dio guarda la vita di ciascuno di noi. Se non fissiamo lo sguardo su Gesù prevalgono altre immagini di Dio, spesso poco rassicuranti.
Come incontrare oggi Gesù? Come fissare i nostri occhi sul suo volto? Immedesimandosi con i testi dei vangeli, certamente. Ma soprattutto nell’incontro con Gesù risorto presente nella comunità cristiana, nel suo popolo fatto da quelle pietre vive che siamo tutti noi che crediamo in lui.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 23 APRILE 2023

Nella prima lettura, tratta dagli Atti, si dice che non era possibile che la morte tenesse in suo potere Gesù. Ci si potrebbe chiedere perché, dato che Gesù era vero Dio ma anche vero uomo, e da che mondo è mondo la morte mette la parola fine all’esistenza terrena di ogni essere umano.
La morte non poteva vincere su Gesù perché lungo tutta la sua vicenda terrena, e specialmente nella sua passione e morte, egli aveva vissuto una vita più grande della morte e più forte del male: un dono totale di sé e un amore incondizionato per tutti, vicini e lontani, amici e nemici. La resurrezione è proprio questo: non la rianimazione di un cadavere ma una vita nuova che si fa strada nel mondo erodendo progressivamente il potere del male e della morte. Questo Gesù lo ha vissuto fino in fondo, ecco perché la morte non ha potuto avere la meglio su di lui.
Questa vita nuova ci raggiunge oggi attraverso lo Spirito di Santo, lo Spirito stesso di Dio che Gesù effonde su di noi. Ce ne accorgiamo tutte le volte che facciamo la stessa esperienza dei discepoli di Emmaus che si sono imbattuti in un modo nuovo di vedere le cose e sono così passati da una visione cupa e senza speranza ad un’interpretazione nuova e liberante degli eventi che riguardavano la loro vita con Gesù. L’incontro con il Signore fa passare anche loro dalla morte alla vita, dalla desolazione alla speranza. È ciò che, per grazia, può capitare anche agli uomini e alle donne di oggi.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 16 APRILE 2023

La morte e la risurrezione di Cristo sono l’inizio di una storia nuova. Il mistero pasquale ha realmente cominciato a cambiare il mondo. Dire che Gesù è risorto infatti significa dire che è vivo, è presente ed è all’opera nel nostro oggi. La risurrezione ha sprigionato una forza nuova nella storia, dando vita ad un movimento di uomini che, commossi dall’incontro con lui, incontrandolo e seguendolo diventano artefici di una storia nuova: l’umanità dispersa e divisa comincia a vivere una comunione, una vittoria sull’estraneità e sull’indifferenza. Insomma, con la morte e risurrezione di Cristo comincia il miracolo dell’unità, il miracolo della comunione.
Non è un caso che nel tempo di Pasqua si leggano gli Atti degli Apostoli, e si leggano come prima lettura: la promessa dell’Antico Testamento è compiuta, ed è compiuta perché comincia ad esserci nel mondo un popolo composto di persone che stanno insieme perché c’è Cristo. Proprio perché Cristo è in mezzo a loro cominciano ad amarsi come fratelli, diventando capaci di vivere e morire gli uni per gli altri.
Questo popolo ha raggiunto anche noi, e per grazia ne facciamo parte. Siamo una comunità non certo perfetta, fatta di uomini e donne con tanti difetti. Eppure è una comunità in cui sono presenti i segni di una vita nuova, proprio come è stato all’inizio della Chiesa. Questo popolo nuovo, di cui la nostra comunità è parte integrante, deve sempre di più essere profezia di salvezza per ogni uomo, deve diventare sempre di più segno di speranza per il mondo.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 5 FEBBRAIO 2023

Nella chiesa di oggi capita spesso di imbattersi in una sorta di “ansia” di fronte al (triste) spettacolo di un mondo sempre meno cristiano. Da qui una serie di considerazioni da ragionieri, per esempio sul numero dei partecipanti alla messa (in costante calo), o sulla crisi delle vocazioni (idem), o magari, quando va bene, sul successo che una certa iniziativa riscuote in termini di partecipazione.
Nel vangelo di questa domenica Gesù ci indica un’altra direzione. Usa come sempre delle immagini che colpiscano la nostra immaginazione e ci facciano quasi “vedere” chi e cosa dobbiamo essere nel mondo di oggi. Il Signore parla di noi come del sale della terra, città posta sul monte, luce che illumina un ambiente altrimenti immerso nelle tenebre. Sono metafore che sembrano quasi suggerire che il destino dei cristiani nel mondo è quello di essere una realtà limitata da un punto di vista numerico, piccola, per niente egemonica. E allo stesso tempo realtà di un’importanza vitale per la felicità del mondo, segno e strumento di speranza per tutto il genere umano, inizio di un’umanità nuova a cui tutti possono guardare. Se invece diventiamo come il sale che perde sapore o come una lampada che viene messa sotto il moggio siamo insignificanti e inutili.
La prima lettura ci indica la cosa più importante per essere ciò che dobbiamo essere: la carità, cioè un dono di sé pieno di commozione per chiunque incontriamo, specialmente per chi più è nel bisogno. Solo la carità rende davvero presente la vita stessa di Dio e fa intravedere il mondo nuovo che Cristo è venuto a portare.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 29 GENNAIO 2023

Che tipo di persona vogliamo essere? È una domanda che ci deve accompagnare e mettere in crisi, sempre. È importante poter dire chi si vuole essere e chi non si vuole essere. Gesù ha la pretesa di dirci chi e come dobbiamo essere se vogliamo essere davvero felici.
In vangelo delle beatitudini ci parla di questo, mostrandoci un modo di pensare e di vivere diverso dal solito, per molti versi opposto. Vi si dice che per essere felici qui sulla terra bisogna essere poveri di spirito, umili, miti, misericordiosi puri di cuore, operatori di pace ecc., perché Dio è vicino a queste persone e opera cose “impossibili” nelle loro vite. La nostra tentazione può essere quella di pensare che si tratti di un ideale altissimo ma irrealizzabile, oppure che sia una cosa per pochi, chiamati magari ad una certa vocazione. Bisogna avere il coraggio di dire che le beatitudini riguardano tutti i cristiani e richiedono un cambiamento di mentalità e di vita.
Le beatitudini ci insegnano soprattutto che la nostra speranza la dobbiamo riporre solo in Dio. È lui che compie la nostra vita, è lui che può portare una luce che ci salva da tutto il male. Sperare in lui è la strada per la felicità.
È una pagina che ci parla anche del dono di sé come “segreto” della vera beatitudine. L’unico modo per avere veramente la vita è donarla, ognuno secondo la propria strada, diversa per ciascuno. È un cambiamento di mentalità che conduce a una prassi differente, un modo di essere che segue le orme di Gesù, che “non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per tutti”.
Don Davide