COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 23 OTTOBRE

«La preghiera del povero attraversa le nubi/né si quieta finché non sia arrivata», dice il libro del Siracide nella prima lettura di questa domenica. C’è una preghiera che “buca” il cielo e arriva dritto al cuore di Dio. È la preghiera del povero. Il povero non è semplicemente chi manca dei beni materiali, ma è il povero di spirito, colui che sente con dolore il suo essere peccatore, il suo essere bisognoso di perdono e di pietà.
È ciò che vediamo nell’episodio del fariseo e del pubblicano al Tempio. I farisei erano persone estremamente scrupolose nell’osservare la legge religiosa. Erano persone “per bene” e stimate dal popolo. Questo fariseo digiuna due volte alla settimana e paga la decima di tutto quello che guadagna. Perciò si ritiene in credito verso Dio, non attende misericordia, perché non ne ha bisogno.
I pubblicani invece erano dei peccatori: riscuotevano i tributi per conto dei romani, perciò erano dei traditori del popolo. Però quest’uomo della parabola è consapevole di essere un peccatore, sa di non poter pretendere nulla da Dio. Può solo chiedere, sapendo di non meritare ciò che chiede.
Il finale è che solo il pubblicano viene ritenuto giusto.
Dio ragiona diversamente da noi. Per noi la giustizia è “dare a ciascuno il suo”, perciò il fariseo dovrebbe essere premiato da Dio e il pubblicano punito. Invece Dio preferisce il pubblicano, lo giustifica, lo dichiara salvo perché ha atteso la salvezza solo dalla misericordia di Dio e non come esito dei suoi presunti meriti. Così Gesù ci mostra il vero volto di Dio. E infatti nei Vangeli non c’è un solo caso in cui un peccatore sia andato da Gesù riconoscendosi bisognoso di aiuto, di misericordia e sia stato respinto. La scena è invece sempre la stessa: quando uno va da Gesù chiedendo pietà, lui ha compassione, lo accoglie, lo guarisce, lo ricrea.
Don Davide

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 16 OTTOBRE

Nel Vangelo di questa domenica Gesù parla della «necessità di pregare sempre». Ma come è possibile pregare sempre? Gesù non insegna che dobbiamo continuamente “dire delle preghiere”, ma che la nostra vita deve svilupparsi come un dialogo continuo con Dio: essere davanti alla sua presenza, qualunque cosa facciamo, qualunque sia la circostanza che stiamo attraversando.
Si dice anche che dobbiamo pregare «senza stancarci». Gesù sa che noi ci stanchiamo, perché tante volte ci sembra di non essere ascoltati. In questo brano il Signore vuole darci le ragioni per cui non dobbiamo mai stancarci di pregare, anche quando sembra che Dio non ascolti. Viene raccontata la storia di una vedova che chiede giustizia a un giudice disonesto che alla fine è costretto a cedere alla sua insistenza. La vedova nella Bibbia è la persona indifesa, debole, povera e maltrattata. La parabola solleva un problema difficile: l’apparente contraddizione tra l’idea di un Dio giusto da una parte, e dall’altra il fatto che questa giustizia sembra tante volte contraddetta dalla storia, dalla vita. Nell’insistenza della vedova sembra essere racchiuso tutto il disagio dei buoni, dei poveri, delle vittime della storia che hanno l’impressione di essere abbandonati.
Gesù ci dice invece che Dio ascolta sempre le nostre preghiere. Il vero punto è un altro: «Il figlio dell’uomo quando tornerà troverà la fede sulla terra?». Il problema di cui ci dobbiamo davvero preoccupare è di credere, fidarci, poggiare veramente la vita su Cristo.
Don Davide

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